AIA diventa un museo

Verderio, quando l’AIA diventa un museo

La dependance di villa Gnecchi-Ruscone inserita nel circuito del Fai

Lecco. Un paese della Brianza, una storia (esemplare) di un restauro conservativo e un libro che la racconta. “L’AIA di Verderio” (edito da Coverd) di Giulio Oggioni, già autore di altri volumi dedicati a Verderio (Lecco) dove è nato e vive, narra come un territorio rurale si è trasformato nel tempo, puntando i riflettori soprattutto sull’immobile che rientra nel perimetro “aristocratico” del borgo: l’AIA, dependance della monumentale Villa Gnecchi-Ruscone, già Confalonieri.

Nell’ottocento fu proprio il conte Luigi Confalonieri a  volere questo padiglione, chiamando l’architetto Gaetano Besia di Domodossola, progettista a Milano di alcune case nobiliari.
Il carattere dell’immobile (oggi sede degli uffici di Coverd), fruibile in parte anche al pubblico, rende ancora più interessante la storia del restauro/rilancio, tra conservazione e innovazione, di una porzione del nostro patrimonio.

Nuova vita

Ultimato il restauro del padiglione costruito nell’Ottocento dal conte Confalonieri

I committenti dell’intervento sono gli Carravieri-Verderio, con l’avvallo della Sopraintendenza ai Beni Architettonici. L’AIA, dunque. Il nome stesso del padiglione dai tratti estetici singolari spiega l’uso al quale era adibito: edificio commerciale, dotato di un cortile che fungeva da essiccatoio per le granaglie.

Proprio su quest’area si esprime l’ingegnosità del progettista: una pavimentazione rialzata, in lastre di granito di Montorfano, che poggiano su muri in sasso e pilastri di mattone. La struttura è fatta in modo tale da consentire l’areazione, a 150 anni di distanza paleremmo di Bioclimate Sensitive Buliding, osserva Angelo Verderio, l’attuale proprietario.

Le parole di Verderio, il cui suocero restaurò tutti gli attrezzi del museo, si riferiscono, infatti, all’uso dell’immobile, sede di Coverd, azienda che tratta tecnologia applicata del sughero naturale per l’isolamento acustico e bioclimatico. L’AIA inserita nel circuito del Fai. La porzione più interessante del restauro riguarda la parte ipogea del cortile, cioè l’AIA vera e propria, che è diventata un percorso museale.


© Corriere della Sera